Quando un architetto/a chiama un altro architetto/a? Io sono convinta che ognuno debba fare al meglio il proprio lavoro e il resto delegarlo a chi ne è più capace. In questo periodo sto lavorando alla mia futura nuova casa e avevo bisogno di una competenza che io non ho coltivato, la visualizzazione 3D: così mi sono rivolta al mio ex compagno di università Edoardo Lucchini, specializzato in architectural visualization, e ho pensato di intervistarlo qui sul blog per proseguire nell’indagine dei mille diversi campi nei quali un laureato/a in architettura può proseguire il proprio percorso professionale.

Partiamo, come sempre, dall’inizio: da dove è cominciata questa tua esperienza lavorativa?
Dopo la laurea ho scelto di fare un’esperienza all’estero, prima con uno stage ad Amsterdam, in un grande studio in cui mi occupavo di modelli plastici e di concorsi, e poi a Rotterdam da OMA, dove ho iniziato a lavorare nell’ambito dell’interior design. La storia è la stessa che hanno vissuto in molti: tantissimo lavoro ed orari totalmente folli, mi salvava solo il fatto di lavorare con un partner che aveva famiglia e figli e che quindi cercava di non esagerare troppo. Poi sono tornato in Italia, a Milano: sono passato brevemente dallo studio di Cino Zucchi e poi sono approdato a quello di Vittorio Gregotti, in cui sono rimasto fino agli anni della crisi, nel 2010. E già lì avevo iniziato ad occuparmi di visualizzazione 3D. Dopo Gregotti c’è stato un periodo strano in cui mi è capitato di lavorare per uno studio che si occupava di perizie per i tribunali, certificazioni energetiche e due-diligence, ma la mia passione è sempre stata quella per la modellazione, e quindi ho nuovamente cambiato lavoro ed ho cominciato una nuova esperienza nello studio con cui attualmente collaboro, parallelamente alla mia attività da freelance.
Come hai iniziato ad occuparti di “rendering”? Anzi: come si definisce innanzitutto il tuo lavoro?
Sul mio sito elrender ho scelto di indicare la mia attività come architectural visualization, e quindi io mi potrei definire 3D visualizer – visualizzatore 3D per l’architettura – ma anche renderista o smanettone del 3D mi vanno bene!
Ho iniziato ad occuparmene forse per caso, ormai 15 anni fa, ma è quello che mi piace fare tuttora. Mi sento meno a mio agio invece nella progettazione costruttiva, nella gestione dei cantieri o in altre attività di questo tipo.
Il mio primo vero incontro con il 3D è stato grazie ad un corso di 3D Studio Max, ma poi ho proseguito in maniera autonoma, studiando con i primi tutorial o grazie ai consigli di colleghi più esperti.
3D Max (con Vray come motore di rendering) è il software che utilizzo maggiormente, ma mi è capitato di fare anche modellazione con Autocad, Rhino e Sketchup, e di sperimentare altri motori di rendering, quali ad esempio Corona Renderer, a seconda delle esigenze e caratteristiche del progetto e dei campi nei quali si lavora.
Ecco, quali sono i prevalenti ambiti di lavoro?
Certamente l’architettura e gli interni, poi gli allestimenti per musei o fiere, il retail – e in particolare i negozi dei brand di moda – poi il prodotto, cioè il design di elementi di arredo e complementi, ma non solo. C’è chi si occupa anche di videogiochi, per esempio.
Lo stile più richiesto resta sempre quello iper-realistico, mentre altri generi – come visualizzazioni più a sketch o vie di mezzo – sono meno ricercate, in quanto in genere questo tipo di immagini vengono già prodotte direttamente dal progettista o dai suoi collaboratori, e non c’è la necessità di rivolgersi ad un renderista esterno.




E chi sono i principali clienti?
Altri architetti o piccoli studi; in numero minore i privati. Poi ci sono i grandi studi di architettura o le società di ingegneria, che in genere hanno esigenze e tempistiche ben diverse. Seguono le agenzie immobiliari e a volte le imprese di costruzioni.
Quasi tutti i clienti comunque richiedono prevalentemente la resa tridimensionale dei progetti. Gli architetti in particolare necessitano di immagini per presentazioni interne ai clienti, per concorsi di progettazione o per siti internet, ma anche visualizzazioni per le Commissioni Paesaggio o, “banalmente”, per cartelli di cantiere.
Un ambito che mi interesserebbe molto approfondire è quello delle aziende di design per la realizzazione dei loro cataloghi o di progetti di interni customizzati con i loro prodotti: finora mi è capitato di lavorare con aziende che operano sul mercato arabo, russo o sudafricano.
Da un po’ mi capita anche di lavorare a immagini per home-staging virtuale di case in costruzione o di appartamenti in vendita, a cui si vuole dare maggiore appeal per i futuri potenziali clienti.
Ho lavorato anche per gallerie d’arte che necessitano di visualizzazioni 3D per la candidatura a stand fieristici, o per agenzie pubblicitarie che devono partecipare a gare per eventi e convention.
Come cambia il tuo lavoro in base alle diverse categorie di clienti?
Lavorare con le agenzie immobiliari, per esempio, è molto più facile: sono interessate solo all’effetto WOW che serve per vendere e si affidano totalmente a te per ottenerlo. Invece lavorare con gli architetti è molto più complesso: sono (siamo) più fissati sui dettagli, sui materiali, sui prodotti giusti. E quindi mi arrivano commenti di questo tipo: “l’essenza del legno non è quella giusta” , “il tavolo non è quello del brand che avevo scelto”, “puoi mettermi i libri in modo un po’ più ordinato sulla libreria?”, fino alla richiesta di utilizzare delle precise essenze arboree nelle viste per le Commissioni Paesaggio.
Con gli architetti un po’ più agée, che magari non sanno bene come si lavora ad un render, succede che mi facciano impostare le viste, processare l’immagine, passare al fotoritocco, per poi chiedermi alla fine di spostare leggermente più a sinistra l’inquadratura…

E chi sono invece i competitor che trovi nel tuo settore?
Quelli che all’inizio ho definito gli smanettoni del 3D: spesso non sono architetti, ma sono veri e propri “nerd” dei render e dei programmi di modellazione-visualizzazione, dei quali conoscono dal primo all’ultimo comando e plug-in. Sono spesso più abili di me nell’uso degli strumenti, ma un architetto che fa questo lavoro ha dalla sua parte la capacità di saper leggere ed interpretare autonomamente i disegni e le indicazioni che il cliente fornisce per le viste 3D, oltre alla conoscenza dei materiali e dei prodotti e ad un intuito acquisito su come rendere al meglio un progetto. Questo è ciò che mi viene confermato dai clienti stessi ed è certamente il valore aggiunto che noi architetti possiamo dare in questo campo.
Com’è organizzato il tuo lavoro?
Fino a circa due anni fa lavoravo a tempo pieno per uno studio che si occupa di progettazione architettonica, di allestimenti e di eventi, occupandomi solo ed esclusivamente della visualizzazione 3D dei progetti. Poi sono diventato papà e i miei tempi e priorità sono cambiati [personalmente mi fa molto piacere sentir dire questo ad un uomo. (NdR)], e quindi ora lavoro part-time per questo stesso studio e nel resto del tempo lavoro da casa come freelance. Non l’ho fatto chiaramente per diventare ricco, ma per guadagnare in qualità di vita e in tempo da passare con mio figlio ed anche per sostenere il lavoro della mia compagna, anche lei progettista in campo illuminotecnico.
Per poterlo fare ho dovuto ovviamente ampliare il mio giro di attività.
E come si trova lavoro in questo campo?
Per cominciare, attraverso il passaparola e le conoscenze costruite nel tempo e nelle esperienze di lavoro precedenti, ma anche attraverso un sito internet dedicato e tramite i social network: io in particolare utilizzo LinkedIn, Instagram e Facebook, ma anche piattaforme come Houzz. Mi è capitato di trovare lavoro anche tramite i classici annunci online, per esempio quelli sui siti degli ordini professionali. Infine, fare un buon lavoro per assicurarsi che un cliente ritorni è certamente la carta migliore.
Pro e contro che stai sperimentando nel tuo lavoro da freelance.
Lavorare da casa non è semplice, soprattutto quando c’è mio figlio, tutti i genitori l’hanno sperimentato, e a maggior ragione in questo periodo di lavoro da casa forzato per tutti [l’articolo è stato scritto fra marzo ed aprile del 2020, durante la pandemia da Covid-19 (NdR)].
Però devo dire che è tutta questione di organizzazione: così come, lavorando part time in studio, sono obbligato ad ottimizzare al massimo il tempo a mia disposizione per ottenere risultati, allo stesso modo ho imparato a fare da casa; il metodo non cambia.
Studio bene il progetto, passo alla modellazione 3D e poi alla renderizzazione ed alla post-produzione delle immagini. Peccato però che l’attività da freelance non si limiti a questa parte di “produzione”, ma che una notevole mole di lavoro riguardi i preventivi, le fatture, la ricerca di nuovo lavoro, la comunicazione con i clienti, le revisioni… Bisogna far fruttare il tempo e spesso mi capita di lavorare la sera o nel weekend, ma per guadagnare magari tempo libero in settimana e durante la giornata da dedicare alla famiglia o ad altro.
Non ho dubbi però che nel medio-lungo periodo, appena la solidità del fatturato e il giro di clienti me lo permetteranno, il mio obiettivo sarà quello di portare la mia attività da freelance a tempo pieno e con uno studio mio, magari con dei collaboratori esterni.
Vuoi mettere la maggiore soddisfazione che ti dà la possibilità di organizzare liberamente il tuo tempo e di gestire clienti solo tuoi?!
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